Il ghetto ebraico

 Fino alla devoluzione del ducato di Ferrara alla Santa Sede i rapporti tra comunità ebraica e cristiana erano improntati al reciproco rispetto ed interesse, non soltanto in ambito commerciale, con l’apertura di numerosi banchi di pegno. Ma con la devoluzione si registrò una inversione di tendenza con numerose restrizioni, fino a quella del 1634, quando il cardinale legato di Ferrara Stefano Durazzo emanò un decreto che imponeva al governatore di Cento di trovare un luogo "atto per farvi un ghetto, per inserrarvi gli ebrei". Furono quindi individuate alcune abitazioni, rispettivamente di proprietà del conte Fabio Carandini, delle sorelle Margherita, Lucrezia e Barbara Righetti, del capitano Livio Dondini e di Pietro Bertelli. Tutte abitazioni allineate lungo le attuali vie Malagodi e Provenzali, allora Borgo da Dimani e Via Grande. Il luogo pare fosse stato scelto con il consenso degli stessi ebrei: in quell’isolato avevano già avuto delle proprietà e inoltre potevano godere della vicinanza della piazza. Nel febbraio del 1721 gli ebrei di Cento avanzarono la richiesta di aprire esercizi commerciali sul lato del ghetto dell’attuale via Provenzali dato che all’interno di esso non vi era alcuna possibilità di aprire negozi.

Nell’Ottocento venne presentato alle autorità ecclesiastiche l’ennesimo progetto di ampliamento del ghetto che fu presto accantonato per via dei fatti storici che portarono all’unità d’Italia e alla fine dello Stato Ecclesiastico.

Da questo breve resoconto storico è facile intuire che gli ebrei a Cento non ebbero, nel corso dei secoli, vita facile. Ma furono numerose le famiglie che si distinsero in numerosi campi, soprattutto quelli inerenti al commercio. Ma se c’è un fatto di cui la comunità ebraica centese può andare fiera e di conseguenza tutta la cittadinanza, è quella di aver dato i natali alla famiglia originaria di Benjamin Disraeli, il famoso primo ministro inglese della regina Vittoria.

All'inizio del '700, un Isacco lsraeli si stabilì a Cento, dove si creò abbastanza rapidamente una discreta posizione economica. Nel 1748 il suo primogenito, Beniamino, il primo membro della famiglia centese per nascita, si trasferì in Inghilterra, ove continuò ad occuparsi con notevole successo degli affari commerciali familiari. Con il passare degli anni assunse la cittadinanza inglese, trasformò il suo nome in Benjamin Disraeli e divenne uno dei notabili della Comunità ebraica. Ebbe quattro figli e uno di essi, il secondogenito, portava lo stesso nome, Benjamin appunto. Il giovane nel 1826, all'età di ventidue anni, pubblicò il suo primo romanzo a sfondo sociale vagamente autobiografico. L'opera ebbe notevole successo e cominciò a far conoscere il giovane Disraeli nei circoli intellettuali dell'epoca, spesso ancora assai poco accessibili a coloro che non appartenevano ad una delle classi sociali più elevate. Ben presto Disraeli entrò nella vita politica nelle file dei whigs (liberali) per poi passare ai conservatori a seguito di una sconfitta elettorale. Eletto alla Camera di Comuni nel 1837, ricoprì la carica di Cancelliere dello Scacchiere (corrispondente al nostro Ministero del Tesoro, ndr) nel 1852, 1858-59 e 1866-68. Fu Primo Ministro dal 27 febbraio al 3 dicembre 1868 e poi successivamente dal 20 febbraio 1874 al 23 aprile 1880.

Nel suo secondo mandato è ricordato per aver portato l’India e il Canale di Suez sotto il controllo della Corona. Dalla Regina Vittoria ottenne nel 1876 il titolo di Conte di Beaconfield. A Benjamin Disreali va anche ascritto il merito di aver fondato la moderna organizzazione del partito conservatore.

Commenti

  1. La presenza ebraica a Cento è documentata dal 1390, quando ad Emanuele Del Gaudio viene concesso di tenere un banco di prestito, che serviva anche la vicina Pieve.
    Attorno a lui si raccolsero familiari, soci e dipendenti necessari alla gestione dell'attività feneratizia.
    Negli Stati Estensi, di cui Cento faceva parte, gli ebrei godettero di migliori condizioni di vita, rispetto a quelle di altri stati tant’è che molti profughi espulsi dalla Spagna nel 1492, qui trovarono accoglienza e dimora. Nel 1598, Cento venne ceduta allo Stato della Chiesa, stato che nel 1555 aveva visto l'emanazione da parte del pontefice Paolo IV di una bolla che, ribadendo la "servitù perpetua" del popolo ebraico, disponeva la segregazione nei ghetti di tutti gli ebrei degli stati pontifici.
    Con il passaggio al papato di Ferrara e della sua provincia, i cardinali legati imposero la concentrazione degli ebrei in tre ghetti: Ferrara (1624-27), Cento e Lugo (1635-1639). Inizia così, anche per gli ebrei centesi, il periodo della segregazione.
    La struttura del ghetto è quella di un serrato gruppo di case che si affacciano su di un cortile principale – haser – e su altri secondari più piccoli.
    Due i soli punti di accesso al cortile, costituiti da passaggi coperti da ampio voltone, fungevano da confine del ghetto con l'esterno due portoni di legno che ogni notte dovevano essere chiusi: uno su via Grande, oggi via Provenzali, l'altro in Borgo di Domani oggi via Malagodi.
    Si dovettero adattare gli angusti spazi alle esigenze religiose, comunitarie e quotidiane, nonostante le restrizioni e le continue umiliazioni, continuarono una vita operosa e un certo rigoglio culturale; presto si abituarono a considerare il ghetto quasi un elemento di protezione dalle violenze della popolazione cristiana e una salvaguardia della loro tradizione religiosa, del loro patrimonio culturale e della loro vita collettiva.
    La comunità centese, pur non particolarmente numerosa, ebbe grande importanza culturale sia per la presenza di illustri rabbini, studiosi e copisti, sia per averne ospitati solo temporaneamente. Qui visse, per qualche anno, la famiglia Disraeli che nel 1748 si trasferì in Inghilterra, dove nacque Benjamin Disraeli, che diverrà un famoso statista dell'Impero Britannico, insignito dalla regina Vittoria del titolo di conte di Beaconsfield.
    Man mano che, dopo il 1848, le regioni italiane passarono sotto il regno d'Italia, gli Ebrei divennero cittadini e acquistarono i diritti civili: a poco a poco, dapprima i più ricchi, lasciarono le abitazioni malsane del Ghetto trasferendosi in altri quartieri della città. Le istituzioni comunitarie e le sinagoghe restarono negli ex ghetti, dove spesso ancora si trovano.
    Gli abitanti del ghetto si trasferirono gradualmente da Cento in altre città e all'incirca dal 1920, le loro abitazioni furono occupate da famiglie locali.
    Le strutture lentamente decaddero e l'abbandono divenne totale.
    Nel 1954, alcuni arredi della sinagoga, risparmiati da tutti gli eventi, vennero trasferiti in parte a Ferrara ed in parte a Natania in Israele.


    La superficie coperta che costituisce l’insediamento del Ghetto è pari a 1800 mq, la superficie utile, cioè quella che si dispiega ai vari livelli, è pari a circa 3300mq.
    L’area risulta a tutt’oggi ben delimitata, a seguito anche delle norme seicentesche emanate per regolamentare la presenza ebraica all’interno delle città: “avendo noi ordinato al Governatore di Cento che assegni agli ebrei, abitanti nella medesima città luogo proporzionale ... nel quale in avvenire debbano abitare in forma di ghetto ... ordinando al Governatore che debba far serrare con muro tutte le porte ... lasciando solamente aperti due portoni, uno dei quali dovrà rispondere nella Via Grande e l’altro nel Borgo detto di Domani”

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  2. Il Cimitero Ebraico di Cento

    Il cimitero ebraico di Cento è una testimonianza reale e viva dell'ormai scomparsa Comunità Ebraica di Cento, sia perché il cimitero è tuttora attivo sia per il significato religioso ebraico di morte: infatti, la traduzione letterale del termine beth ha-chayyim. cimitero, è "la casa dei viventi". Il cimitero fu istituito nel 1689 quando il cardinale Niccolò Acciajoli. Legato di Ferrara, concesse agli Ebrei di Cento l'autorizzazione per acquistare un appezzamento di terreno da destinare a luogo di sepoltura. Oggi il cimitero si presenta come un terreno di forma rettangolare allungata delimitato da un muro di cinta alto due metri; dopo aver attraversato un cancello di ferro ed aver percorso un vialetto ci si trova al suo ingresso. La parte più antica è sud, al di fuori del muro di cinta. Essa è priva di lapidi in quanto le limitazioni imposte dalla Chiesa comprendevano anche il divieto di mettere lapidi sulle sepolture. Qualche anno fa è stata posta una piccola lapide in memoria di 'Immanuel Chay Ricchi illustre rabbino ferrarese ed eminente cabalista ivi sepolto nel 1743. Le lapidi all'interno del muro di cinta non presentano particolari pregi artistici e sono di forme e dimensioni varie; le più antiche risalgono all'inizio XIX secolo, anni in cui il cimitero fu ampliato e delimitato dal suddetto muro. Le iscrizioni sono ovviamente in lingua ebraica, alle quali si affianca in alcuni casi anche la traduzione in italiano, procedendo verso gli anni più recenti. Una particolarità del cimitero ebraico di Cento, comune a Ferrara e Mantova, era quella di suggellare il sepolcro per mezzo di un grosso timbro di legno, che imprimeva nel terreno la parola shalom. Questa usanza era praticata con lo scopo di tentare di limitare gli episodi di profanazione dei sepolcri effettuati, principalmente, da studenti delle vicine università nelle quali si effettuavano dissezioni anatomiche. La scritta impressa nel terreno era protetta con un mattone o con quant'altro di sufficientemente piatto a protezione della scritta impressa. Il sepolcro così suggellato poteva essere controllato in qualsiasi momento qualora sorgesse il sospetto di una profanazione; nel qual caso alcuni rappresentanti della Comunità Ebraica avrebbero dovuto recarsi presso le vicine università per reclamare il corpo del defunto, oltreché trasmettere suppliche alle autorità ecclesiastiche e civili affinché ciò avvenisse.

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