Oratorio della Crocetta


 

L'Oratorio della SS.ma Croce, comunemente indicato come Crocetta, nonostante le modeste dimensioni, ha una vicenda così antica e radicata nella comunità da poter testimoniare secoli e secoli di storia.

Posto in un'area extraurbana che secondo una tradizione locale nei tempi remoti del Medioevo era denominata "Tomba del Castaldo" (verosimilmente un semplice dosso in prossimità dell'antico alveo del fiume Reno), esso venne edificato probabilmente già prima del XIV sec. in una prima forma molto semplice - "locellus"secondo le fonti, forse un'edicola aperta sui lati con un piccolo altare - in un punto di incrocio tra due strade (da cui il toponimo). Pare infatti che l'oratorio fosse posto su un antico e perduto tracciato viario per lungo tempo percorso durante i pellegrinaggi

L'interno, a navata unica con abside in stile gotico a cinque arcate, presenta una decorazione figurata a riquadri devozionali datati 1491-1503: oltre all'immagine della Madonna, a cui era in origine dedicato l'oratorio, negli affreschi sono rappresentati santi le cui figure sono legate al tema del pellegrinaggio o della peste (non è da escludere che l'Oratorio anticamente fosse utilizzato come cappella di un lazzaretto).

Alle origini della Crocetta fa riferimento un documento, datato 1390, che è stato trascritto nelle storie di Cento del Monteforti e dell'Erri.

Vi fa riferimento anche un elenco di documenti in possesso, nel XVIII secolo, della Confraternita della Santa Croce, ora conservato presso l'Archivio di Stato di Bologna; poiché l'originale del documento non è stato ritrovato, i seri dubbi sulla sua autenticità sollevati da Mons. Antonio Samaritani non sono superabili. Il primo documento che fa riferimento alla Crocetta diventerebbe così una concessione di un'indulgenza per chi avesse contribuito all'ampliamento dell'Oratorio, il cui altare, dedicato alla "SS.ma Croce, alla SS.ma Vergine Maria e a S. Antonio Abate" pareva già godere la fama di essere miracoloso del vescovo francescano Angelo da Zagarolo, datato 1410.

Non esiste quindi documentazione scritta che rimandi in modo incontrovertibile all'esistenza dell'oratorio della Crocetta nella seconda metà del XIV secolo. Solo il rinvenimento dei frammenti di affresco e la loro analisi consente di affermare con sufficiente certezza che l'edificio esisteva già da decenni al tempo del documento di Angelo da Zagarolo.

 Con ogni probabilità dal 1454  vi officiò la Confraternita della  Santa Croce, confraternita laicale legata ai Domenicani, che non aveva altra sede in paese e certamente vi si recava per la processione penitenziale del sabato; furono forse i confratelli, dediti all'assistenza dei bisognosi ed alla auto-flagellazione, ad ispirare i soggetti degli affreschi absidali, con "San Domenico e San Pietro Martire in adorazione della Croce" ed una suggestiva "Pietà", in cui  il Cristo morto in braccio alla madre presenta su tutto il corpo i segni feroci del flagello.

Un documento del 1495 attesta indubitabilmente, come tradizione già assestata, l'esistenza di processioni devozionali verso alla Crocetta. Quasi certamente il lavoro di decorazione ad affresco era iniziato prima di quell'epoca, ma i frammenti datati ancora visibili risalgono al periodo tra il 1491 ed il 1503. Di questo lavoro pittorico, teso a rappresentare le effigi della Madonna e dei santi più amati nel territorio per offrine le immagini alla preghiera votiva, restano ancora tracce significative, nonostante le gravi perdite dovute a parziali rifacimenti murari

Oltre alle pitture absidali e a due delicate Madonne con il Bambino che si fronteggiano sulle pareti opposte dell'aula, sulla parete di destra sono ancora chiaramente leggibili almeno dieci riquadri in forma di tabellone votivo di media dimensione, tutti dipinti con figure di santi rappresentati secondo la loro iconografia tradizionale: San Francesco, Sant'Antonio da Padova (due volte), San Bartolomeo (due volte), San Martino, San Donnino, San Giacomo, San Tommaso, un santo coronato.

Realizzati presumibilmente da diversi frescanti popolari (ipotesi appoggiata da Cesare Gnudi, in un sopralluogo), questi affreschi rifiniti a secco risentono fortemente dell'ambito culturale del rinascimento emiliano e veneto; nella loro semplicità, nell'immediatezza delle immagini, nella forza espressiva, nell' impaginazione un po'casuale, essi costituiscono un complesso di toccante suggestione e di notevole rilevanza documentaria.

E trattandosi di santi la cui devozione era diffusa non solo in ambito locale ma anche tra i pellegrini d'oltralpe, si rafforza l'ipotesi, più volte avanzata dagli studiosi, che l'Oratorio fosse posto su un antico e perduto tracciato viario per lungo tempo percorso durante i pellegrinaggi,  nelle vicinanze, in età romana, doveva passare un'importante arteria viaria, che collegava l'Appennino tosco-emiliano con il Po e il territorio veneto. Si osservano, infatti, a partire da Monteveglio, le tracce di un imponente rettifilo che attraversava la via Emilia e che giungeva fino all'attuale S. Matteo della Decima, dove il percorso deviava lievemente attraversando il territorio centese e raggiungendo Vigarano Mainarda; sembra pertanto possibile affermare che il sito sia stato coinvolto, in età romana, dall'attraversamento di un'importante arteria viaria, per il collegamento Appennino-Veneto.

Nel 1755, il cappellano curato di Penzale, Don Lazzaro Calcei, compilando un inventario dei beni, nomina l'esistenza della Crocetta, rimarcando che però essa non è sottoposta alla giurisdizione parrocchiale, ma alla Confraternita della Santa Croce.

Della seconda metà del Settecento è anche un testamento che rivela il perdurare delle processioni annuali alla Crocetta, compiute dai confratelli della Santa Croce, insieme con altre iniziative solidaristiche. Le processioni, attestate fino al 1798, cessano solo con la soppressione napoleonica.

Nell'ultimo quarto dell'Ottocento, grazie ad un intervento delle famiglie Rusconi - Falzoni Gallerani che lo dotarono anche di una piccola campana bronzea, l'oratorio viene di nuovo riaperto alla preghiera.

Nel passaggio tra Ottocento e Novecento, si hanno notizie di un progetto di recupero da una perizia autografa dell'allora docente alla Scuola di disegno Marcello Mallarini, il progetto fu posto in atto solo in parte, agli inizi del Novecento, nel corso di un intervento molto pesante di cui sono ancora riconoscibili i segni: venne rifatta la facciata, completamente ricostruita in forme neo-gotiche con un portale archiacuto sul quale i segni dell'alfa e dell'omega sono in relazione con una doppia stella di David posta al centro del rosone.

A questo momento sembra risalire anche l'intonaco esterno (cocciopesto lavorato a finta pietra a vista), poiché i mattoni visibili sotto le porzioni distaccate sono incisi con iniziali, nomi e date sette-ottocentesche, mentre negli anni sessanta un ulteriore intervento ha malauguratamente visto l'inserimento di cemento alla base delle pareti e nelle crepe verticali dei muri, e la rettificazione della strada statale di fronte all'ingresso ha completamente privato l'Oratorio del suo sagrato.

Nel 1910 e nel 1914 due atti di notifica su mandato del Ministero della Pubblica Istruzione riconoscono in modo indiscutibile la qualità e l'importanza artistica dell'Oratorio, rifacendosi alla Legge n.364 del 20 Giugno 1909, che sancisce l'importanza della tutela dei beni di valore storico-artistico.

Nel 2001, dopo molti anni di abbandono, – grazie alla donazione del bene alla Parrocchia di Penzale -sono iniziati i lavori per il recupero delle strutture murarie e degli affreschi, lavori che sono terminati nel 2005-

 

** Castaldo (o gastaldo): amministratore longobardo della "curtis" del re, con attribuzioni civili. militari, giudiziarie e di polizia nell'ambito di un territorio affidatogli.

Tomba: non era il Sepolcro ma l'insieme di edifici rurali costruiti sopra un terreno innalzato arificialmente per essere protetti dalle acque.










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